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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Olga ChernikovaI Servizi sociali del Comune di Torino sono al centro di pesanti accuse da parte di madri alle quali sono stati negati i bambini. Sono numerosi i casi di polemiche, ma adesso si aggiunge un esposto al fulmicotone di Olga Chernikova, artista russa, che accusa la responsabile di un’area minori di discriminazione etnica, religiosa e linguistica, una sorta di accanimento che sarebbe stato messo in atto per anni in combutta con una educatrice. Tema della questione è il figlioletto di Olga, che a sette anni di età è stato strappato l’estate scorsa al suo affetto e affidato a una casa famiglia con provvedimento del tribunale; negato a lei ma non al padre, sebbene sospettato di pedofilia, sia stato condannato, anche in appello, per lesioni alla moglie e abbia in corso un altro procedimento per maltrattamenti in danno del minore.
La Chernikova è nata a Mosca, dove s’è laureata in Management dei materiali. È artista poliedrica, nota e rinomata per le sue tele e soprattutto per i gioielli da donna che realizza a mano. S’era sposata a Torino, dove vive, nel 2007, per poi separarsi dal marito italiano con sentenza dell’aprile 2010 dopo ripetute violenze domestiche ed episodi di maltrattamenti verso il figlio.

 

Opere di Olga Chernikova

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La procedura di separazione e divorzio ha determinato come per legge, in presenza di un bambino, l’intervento del tribunale per i minorenni e dei Servizi sociali, attraverso i quali viene compiuto il monitoraggio delle situazioni. Proprio secondo le relazioni dei Servizi, sistematicamente contrastate dalle consulenze di parte, la Chernikova avrebbe rivelato la mancanza di adeguate capacità genitoriali; non solo: andrebbe addirittura affidata a un Centro di salute mentale, come se fosse mezza pazza. Da qui alla decisione di collocare il banbino in una casa famiglia il passo è breve: via il minore dai genitori e si va subito a coprire un posto letto rimasto vuoto a un privato a botta di spese di almeno cento euro al giorno.
Questo meccanismo subdolo, ovviamente, nasconde storture che meritano ampie riflessioni e in particolar modo a Torino una urgente inchiesta da parte del nuovo sindaco Chiara Appendino.
Bisognevole, perciò, di controlli al Centro di salute mentale, Olga Chernikova non ha digerito, ed è normale, quanto accaduto: lei può incontrare il bambino una volta la settimana per due ore, solo il marito violento può invece portarselo in casa, pur alla presenza di un educatore, ogni sabato pomeriggio.
La giustizia va avanti col rigore delle leggi, ma nei Servizi sociali, la cui attività è alla base dei provvedimenti presi dai giudici, viene meno a volte il buon senso. Basta leggere nell’articolo scritto per “Il Delitto” da Aurelia Passaseo come lavorano le assistenti sociali.
“La responsabile del servizio che si è occupata del caso - dice Olga a “Il Delitto” - mi ha offesa in atti e denigrato per la mia religione, il mio pensiero, la lingua che parlo. Questa è una forma di repressione che viola i diritti umani e civili. Non si può imporre per sentenza che mio figlio non coltivi più la propria fede e le tradizioni materne, è una pretesa disumana. Da mezza pazza, come vorrebbero rappresentarmi, ho registrato tutte le angherie che ho subito e non ho più intenzione di sopportare un Servizio sociale che non ha dato alcun aiuto alla famiglia”.
Il caso presenta elementi in comune con quello di Mariangela Deluca, denunciato da "Il Delitto". Anche lei è stata passata per mezza pazza, una “giustificazione” sbrigativa che lascia il campo a molti dubbi, e i suoi figlioletti sono stati così spediti direttamente a una casa famiglia e poi ad altre due, dove al padre pedofilo è permesso di incontrarli frequentemente ma a lei solo per qualche ora al mese. Possibile che a Torino queste madri siano tutte semifolli e i mariti violenti siano invece dei santi?