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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

teatrodonne

Il teatro ha una funzione di purificazione come c’insegnarono i tragici dell’antica Grecia, creando catarsi per gl’istinti malefici col loro rappresentarli, trasmettendo attraverso  l’emozione l’educazione al rispetto dell’altro e specificamente della donna. Ma per prevenire le violenze occorrono anche riforme efficaci e una rivoluzione dell’ordinamento giudiziario.

In questi giorni sarà discussa nella Commissione parlamentare la proposta di legge d’iniziativa del senatore Domenico Scilipoti Isgrò e della criminologa Luana Campa contenente “disposizioni per contrastare la discriminazione di genere e per la prevenzione ed il contrasto al femminicidio”.

La violenza sulle donne è sempre più frequente anche in ambito familiare e rappresenta ormai un’emergenza sociale dilagante, richiedendo azioni concrete per attuare una rivoluzione che nasca prima di tutto dalla cultura e solo come extrema ratio dalla punizione. La storia giudiziaria ha dimostrato che vana è la creazione di nuovi reati tipo stalking (azione di fatto già tutelata precedentemente coi reati di violenza privata, minacce, molestie) e a poco servono gli aggravamenti di pena per combattere questo fenomeno epidemico.

Nell’ambito di questa rivoluzione artistico-culturale il Cendic (Centro nazionale drammaturgia italiana contemporanea) ricorda al Villino Corsinia Villa Pamphili in  Roma la giornata nazionale  contro la violenza sulle donne.

“Il 25 novembre non è propriamente un giorno di festa. Lo scelsero le femministe di Bogotà nel 1981 per ricordare le tre sorelle Mirabal massacrate (come dire fecero loro la festa) il 25 novembre del 1960 dai militari di Trujillo. Brutto episodio di lotta politica? Si potrebbe pensare che non c’entri nulla con noi, oggi, ma sappiamo che non è così. L’ONU ufficializzò la data nel 1990, auspicando che Governi, ONG, Associazioni ogni anno la ricordassero.

“La violenza contro le donne è cosa di tutti i giorni, e non solo nel culmine di quando si arriva a uccidere, ma anche in frequentissimi piccoli atti quotidiani, intrisi della vanità altezzosa di molti uomini nei confronti delle donne, loro bersagli, considerate da una sottocultura esseri deboli e inferiori.

“Si potrebbe obiettare che la donna oggi si è conquistata un posto di tutto rispetto nella società e che non è più il caso di parlare di disparità. Ci sono volute tante battaglie perché molte cose cambiassero, ma il germe della discriminazione non è stato ancora sradicato.

“L’incontro nella Sala Barbaro della Biblioteca Villino Corsini vuole tentare un’analisi del perché questo germe sia ancora attivo e virulento, molto spesso mascherato da gelosia, camuffato da grande amore, sotterraneo ma pronto a emergere, addirittura inconsapevole in chi ne è portatore.

 

 

“Il Cendic, che racconta attraverso la drammaturgia i mali della società, vuol dare il proprio contributo per la sensibilizzazione riguardo a questo problema con monologhi o brevi scene sull’argomento, seguiti da una discussione con i presenti, perché la domanda che ci si pone è: perché queste cose accadono?” (dal testo di Daniela Igliozzi di presentazione dell’evento).

Si tratta di un  progetto volutamente semplice ma efficace, che punta l'interesse sulla parola teatrale e la sua capacità di suscitare riflessione, discussione, scambio.

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G. Francione, Il giudice di quartiere, Nuova editrice Universitaria, Roma 2016. Il giudice drammaturgo Francione, creatore del Movimento per il neorinascimento della giustizia (MOV.RIN.GIU), ha escogitato una nuova figura: il Giudice di Quartiere con annesso Difensore Civico di Quartiere. La chiave per il successo di questo magistrato locale è il bassissimo costo, unito alla rapidità e all’efficienza, doti rarissime nella cosiddetta Patria del Diritto, invece macchina di burocrazia, costosa e Inefficiente. Il successo in una sana strategia di giustizia sta nell’agire e cercare la soluzione di un conflitto, prima che lo stesso insorga. Giustizia sociale e nello specifico Giudice di Quartiere sono le vie indicate da Francione  per prevenire la devianza da qualunque parte provenga, soprattutto dolorosamente presente tra le mura domestiche, i condomini e i luoghi di presunta civile convivenza. Ad adiuvandum il Difensore Civico di Quartiere permetterà al cittadino una reale e gratuita difesa contro il prepotere dell’amministrazione statale. 

Dalla donna all’uomo e ritorno. Breve storia di una violenza culturale millenaria nel volume “Violenza alle donne” (analisi di antropodiritto sul fenomeno dello stupro con appendice di diritto e giurisprudenza), GEE, Roma, febbraio 1992 (ristampe giugno 1992 e dicembre 2000 con lettera dell'ambasciatore d'Albania Leontive Cuçi contro la criminalizzazione massmediale del suo popolo).

Sono 15 i corti di drammaturghi, tra cui il mio pezzo scritto col poeta Stefano Loconte “Violenza chiama violenza”, dove si racconta di un carcerato per omicidio dovuto alla reazione per la sua donna violentata.  Omicida perché a modo suo ha difeso il suo amore.

Dal punto di vista giuridico la mia esperienza di magistrato mi porta a ribadire che la minaccia di punizione, pur aggravata, non serve se non a livello di “vendetta sociale” inutile quando l’evento si è verificato.

Anche le pene più severe non sono un deterrente. Oltre alle azioni multiple a livello culturale, artistico, sociale etc., è d'uopo insegnare fin da piccoli ai maschi il rispetto delle donne e alle ragazze le regole e le pratiche dell'autodifesa.

Ho escogitato per un’azione pratica efficace il Giudice di Quartiere, che può svolgere una importante funzione di prevenzione per violenze verificatesi soprattutto tra le mura familiari e nel loro insorgere. Il Giudice di Quartiere, infatti, non è un inquisitore ma un pacificatore sociale che agisce con équipe di esperti psicologi e sociologi per evitare che situazioni conflittuali raggiungano tragiche conseguenze.

Una figura parallela è il Giudice d'intervento Web, il cui compito è di intervenire immediatamente per evitare casi disperati come quello della povera Tiziana Cantone, che si è suicidata per diffusione contro la sua volontà in internet di un video hard. Anche questa è una forma di volenza sessuale, assai tecnologica e sofisticata.

Per chiudere. “Giù le mani dalle donne!” ma su con le idee creative e solidali,  agendo in chiave di prevenzione, cultura e arte combinate, abolendo il falso mito della prigione come deterrente o, dopo il compiuto misfatto, come punizione che non  elimina il danno.

“La prima vittima di un delitto orrendo è chi l’ha commesso” (Dostoevskij).