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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Matteo SalviniC’è l’altolà di un Pm alla politica nella decisione di indagare il ministro degli Interni per aver trattenuto gli emigranti a Catania sulla nave Diciotti. Matteo Salvini ha ragione di dire che se ne impipa, essendo evidente, per la maggioranza degli italiani, che la difesa dei confini, dell’onore e della sicurezza nazionale non può essere confusa con i comportamenti delittuosi.

Il sistema giustizia è talmente sfasciato che il Procuratore della repubblica di Agrigento fa ridere quando si aggrappa all’obbligatorietà dell’azione penale, un concetto che sistematicamente viene ignorato, calpestato in modo scandaloso a uso e consumo o per ricerca di notorietà, resuscitato persino andando a contare quante volte e con chi Silvio Berlusconi fottesse a casa sua. Nei palazzi di giustizia le denunce dei cittadini restano lettera morta se non fanno notizia, non passa per la testa ad alcuno di procedere, non si dispone nemmeno una mollica di indagini.

In questa situazione l’opinione pubblica non si meraviglia più di nulla, essendo vieppiù sconcertata da un  andazzo di sfascio che negli ultimi decenni non ha risparmiato, con la giustizia, istruzione, lavoro, sanità, sicurezza.

Al porto di Catania s’è potuto anche assistere al degrado scellerato dell’autorità dinanzi a ciurme di facinorosi che si sono scatenate via terra e via mare contro le forze dell’ordine. Non dubito che la magistratura competente procederà. Turba tuttavia la curiosa solerzia nei confronti del ministro Salvini, con una procedura speditissima del tutto inedita, mai attuata contro clandestini che delinquono e stuprano le donne anche tra la folla.

L’esigenza di tenere salvo il diritto va salvaguardata anche se da mettere sotto indagine ci sia un ministro; ma c’è un discrimine che il magistrato non dovrebbe mai ignorare: il buonsenso. Se viene meno, è una sconfitta.