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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Salvo Bella giornalistaAssassino, pedofilo e assatanato, raffigurato come Pinocchio con un naso lungo e minacciato per il solo fatto di non essere forcaiolo contro Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio: è accaduto proprio così a Salvo Bella, scrittore, giornalista di professione e direttore della nostra rivista “Il Delitto”, di ritrovarsi d’improvviso inondato di insulti in un gruppo di Facebook, in una discussione alla quale non partecipava, imbastita attraverso contumelie di bassifondi contro Ester Arzuffi, madre di Bossetti, apostrofata con espressioni delle quali “grande troia” è la più pulita. L’autorità giudiziaria, a seguito di tempestiva e circostanziata querela del giornalista, procede ora per diffamazione aggravata e altro a carico dei responsabili di queste scellerate aggressioni.

 

Baraonda di forcaioli con il libro nero dei nemici

“Il giornalista al quale viene contestato un fatto specifico - dice Salvo Bella - può, o deve, a seconda dei casi, partecipare alla discussione, integrare le proprie notizie e, se ha sbagliato, correggerle o smentirle. Colpirlo alle spalle a sangue freddo e indefinitivamente per il solo fatto di considerarlo cattivo, anziché buono, è invece una vigliaccheria inammissibile”. Il naso lungo, in sostanza, gli può essere anche attribuito se colto in fallo, per avere scritto qualcosa non rispondente al vero o per avere espresso apprezzamenti di carattere morboso, senza continenza. Ma nella baraonda di forcaioli che vorrebbero persino impiccato Massimo Bossetti, avendo la divinità di leggere nell’imperscrutabile e prima ancora dell’accertamento definitivo della responsabilità nell’uccisione di Yara Gambirasio, sono finiti sotto tiro anche i parenti dell’imputato (la sorella gemella persino aggredita) e tutti quanti ancora evidenziano qualche dubbio sulla bontà delle indagini e sull’equità del processo di primo grado; giornalisti, ovviamente, compresi. Non importa più che alcuno dica o scriva qualcosa: basta che l’abbia fatto qualche volta e si trova iscritto nel libro nero dei nemici da abbattere colpendo alle spalle a tradimento.
Bella è finito nel registro nero dei forcaioli non per avere difeso Massimo Bossetti, ma per avere scritto il libro “Yara, orrori e depistaggi”, uscito nel febbraio del 2014, quando ancora di Bossetti nessuno sapeva; per quel libro è stato il primo giornalista minacciato nel 2014 in Lombardia.

Tutti sui network, anche gli ammalati mentali

Preoccupa il livello scadente nel quale è precipitato sui social network in generale il dibattito, conseguenza di una esasperata liberalizzazione che permette a chiunque di scrivere senza cognizione e rispetto: “Lo consente - dice Bella - ad asini, maleducati, ammalati mentali che pensano di farla franca nascondendosi sotto nomi fasulli e sparano perciò alla cieca siluri sulla folla”. Si va dalla diffusione di notizie false e tendenziose agli insulti più osceni, con gli autori ringalluzziti anche dalla consapevolezza che la giustizia è lentissima e male che vada chi commette reati, anche per abitudine quotidiana, sa che può sempre sperare eventualmente nella benefica prescrizione.
Il dibattito in corso per regolare meglio la diffusione delle notizie attraverso il web non offre al momento alcuna prospettiva adeguata e seria. Da un lato c’è la giusta tendenza a non limitare la comunicazione attraverso questo importantissimo strumento; ma da un altro si ha la consapevolezza di quanto gravi siano i pericoli per la tutela degli interessi collettivi e personali.

Direzione dei blog di notizie solo ai giornalisti

Evidente è che la gestione di spazi Intrernet dai contenuti personali non può essere soggetta a limitazioni; tuttavia non si comprende perché sui social network debba essere consentito a chiunque di coordinare e dirigere spazi che comportano selezioni, assemblaggio e pubblicazione di notizie, proprie o “condivise” da altri spazi, spesso a loro volta gestiti con le medesime caratteristiche da qualsiasi persona. Leggi ben chiare, e tuttora in vigore, qualificano quelle attività come esercizio della professione di giornalista, che non può essere esercitata, se non illecitamente, in mancanza di abilitazione. Se è così per la stampa tradizionale e le emittenti radiofoniche e televisive, non si comprende perché non debba esserlo ancor di più per un mezzo strapotente come il web. La differenza non è da poco: solo il giornalista, infatti, risponde del suo operato, prima ancora che secondo codice penale, in base alle norme che regolano il suo lavoro dal punto di vista deontologico ed è tenuto a osservare, rispondendone a se stesso e all’Ordine professionale prima ancora che alla giustizia ordinaria.