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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

CassazioneSono sgualdrine, scagnozzi fanatici di qualche guru più o meno palese a minacciare chi, invece di insultare la magistratura, considera ineccepibili, rigorose e chiarissime le sentenze di condanna di Massimo Bossetti all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Girano, fanno comunella e rigirano, attaccano anonimamente, bloccano su Facebook con segnalazioni massive fasulle, diffondono immagini con cappi al collo invitando a uccidere, controllano telefono, abitazione e spostamenti di chi non fa da scendiletto; istigano ad impiccare ad alberi magistrati che hanno sostenuto l’accusa o hanno emesso sentenza; contattano direttamente “consigliando” di stare attenti.

 

Che cosa dovrà accadere ancora da qui all’inizio di ottobre, quando la Cassazione dovrà pronunciarsi definitivamente su un caso criminale dei più abietti?

Una associazione per delinquere

C’è intenzionalmente una regia, una conventicola finalizzata a commettere svariati reati, un’associazione per delinquere.

Nel 1969 la Corte d’Assise di Bari mentre processava Luciano Liggio e altri 64 mafiosi ricevette da Palermo una lettera con le truculente parole “Noi vi vogliamo avvertire che se un galantuomo di Corleone sarà condannato, voi salterete in aria, sarete distrutti, sarete scannati come pure i vostri familiari”. La sentenza fu di assoluzione per insufficienza di prove. Altri tempi, nel senso che da allora non ci sono poi stati collegi giudiziari che abbiano lasciato dubbi su ipotesi di pavidità. Rilevarlo è doloroso, ma va tenuta sempre alta la memoria di magistrati che sono stati ammazzati perché incuranti di ogni avvertimento mafioso; e va tenuta alta soprattutto la considerazione dei magistrati che fanno puntualmente il proprio dovere e vorremmo sempre vivi.

Ha un senso dirlo ed è forse, se ancora ce ne sono, un dovere del giornalista, non tanto per arrogarci meriti accanto ai magistrati che lottano chi delinque, ma soprattutto per una testimonianza di civiltà che ogni cittadino dovrebbe dare in questa società avanzata ma normalmente martoriata pure da fatti e fenomeni tragici.

Fantomatiche vittime di malagiustizia

Bossetti è unico caso di una montatura attorno a un fatto criminale che lasciava alla difesa pochi spazi e sono stati tutti utilizzati impropriamente sobillando una specie di ciurma quasi votata per fede, magari sperando ognuno illusoriamente di poter entrare nel calderone delle fantomatiche vittime di malagiustizia; almeno per darsi un’apparente dignità fra gli intimi, non certo ritenendosi veramente innocente, anzi. Gli emeriti accoliti più in vista sono, pensate un po’, uno sfruttatore della prostituzione condannato in via definitiva che ha denunciato magistrati di mezza Italia e si paragona a Enzo Tortora; un imbianchino semianalfabeta che ha scontato una pena definitiva per reato di violenza contro la persona e ha fatto da paladino organizzando una marcia con in testa un avvocato a richiamare col mefagono i passanti. Cose mai viste e che speriamo di non dover vedere mai più in futuro.

Ragazzette procaci e signore perbene

Sconcerta che da collettore dei fanatici faccia, nella sua pagina Facebook, un guru, circondato da ragazzette procaci, ma in passato anche da signore perbene che ne hanno visto di tutti i colori, soprattutto rosa e nero, se ne sono allontanate e farebbero bene a offrire testimonianza anziché rinviarla alle calende greche.

I giudici conducono il processo per la giustizia; gli avvocati per tutelare i propri assistiti. Questa è la regola e così è sempre accaduto. Dinanzi ad accuse di ergastolo, c’è chi sceglie il rito abbreviato, che se non all’assoluzione porta al massimo a una condanna a trent’anni di reclusione. Bossetti, però, fa storia a sé. Fra improbabile mitocondriale, dna dissolubili nell’acqua e fesserie varie, nemmeno il presunto assassino ha saputo spiegarsi perché le sue tracce risultano sugli slip di Yara; eppure due sentenze confermano che c’erano. Dubbi? Può darsi, ma anche certezze: la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Brescia ha puntato il dito sul fatto che l’imputato, mentre si discuteva di un orrendo omicidio, faceva i conti del ricavato dalle interviste della moglie che avrebbe dovuto spartire con l’avvocato. Ognuno è libero di valutare quanto sia nobile oppure no.

Bassezza di parole sporche e oscene

Che un processo, però, ingeneri altri processi, è straordinario. I procedimenti per minacce e diffamazione sono innumerevoli, uno per avere incitato a uccidere alti magistrati, scaturito dai risultati di una mia inchiesta giornalistica imperdoinabile per le persone che vi son finite coinvolte e per chi eventualmente le ispira o manovra. Ci sono pure, addirittura, i momenti in cui il guru viene fuori personalmente alla malandrina evocando calibro 38 contro chi scientificamente crede nell’accusa (la criminologa Roberta Bruzzone) o fornisce ai propri lettori una informazione non addomesticata (settimanale “Giallo”), tacciando di falso il presidente della Corte d’Assise d’appello di Brescia e via dicendo. Non spetta a me valutare la bassezza delle parole a me rivolte, sporche e oscene persino rispetto alle minacce che in Sicilia ricevetti dai capimafia che volevano ammazzarmi ma nel riconoscermi l’alta dirittura morale e professionale mi portarono pure rispetto. L’intimidazione di basso livello e oscura è vomitevole, di vermi incapaci di confrontarsi.

Bossetti avrà potuto monetizzare qualche euro, ma avrebbe potuto difendersi in modo serio, impedendo inutili sceneggiate e che altri, da sconclusionati di paese, potessero darsi sulla sua pelle aria di fama; guru ed accoliti. Bossetti rifletta. Non esistono euro che si possano scambiare col carcere a vita. Ma non ci sono nemmeno fasulli spadaccini e accoliti straccioni che rompendo i coglioni non finiscano col battere il muso duramente.