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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

yara gambirasio e massimo bossettiA otto anni dall’uccisione di Yara Gambirasio, è definitiva la sconfitta della difesa di Massimo Bossetti: è lui, come confermato dalla Cassazione, l’assassino e dovrà scontare la condanna all’ergastolo. Gli innumerevoli “punti critici” sulle conclusioni dell’accusa, le eccezioni difensive e le proteste di innocenza dell’imputato non hanno per la Suprema Corte, perciò, alcun valore: il ricorso degli avvocati Salvagni e Camporini, infatti, non è stato respinto, ma addirittura ritenuto inammissibile per manifesta infondatezza. Non ci sono perizie da ripetere sul dna trovato sugli slip di Yara: è di Bossetti, che ha potuto difendersi ampiamente nel corso delle indagini preliminari e in due processi, entrambi conclusisi con sentenza di colpevolezza.

La requisitoria del sostituto pg era stata, nel pomeriggio, durissima più del previsto e aveva alquanto frastornato gli innocentisti che l'hanno ascoltata, molti giunti a Roma nella mattinata dalla Lombardia. Due di loro avevano tenuto steso davanti al palazzo della Cassaziolne uno striscione con le parole "Bossetti innocente": una teatrata che non serviva per nulla a Bossetti, come altre inscenate in questi anni da convinti assertori dell'innocenza ma soprattutto da soggetti con precedenti penali interessati a gridare contro la malagiustizia.

Yara era sparita misteriosamente la sera del 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra all’uscita da un centro sportivo. Le indagini iniziali furono parecchio tormentate e forse inquinate da depistaggi, tanto che per mesi si cercò la ragazza come se fosse viva, vittima di un sequestro per vendetta o a scopo di estorsione.

La ricostruzione dei momenti successivi alla sparizione indirizzò a un centro commerciale in costruzione a Mapello, distante una decina di chilometri dalla palestra di Brembate. Lì lavorava il marocchino Mohammed Fikri, che fu il primo sospettato. L’errata traduzione di una sua conversazione telefonica, intercettata dagli inquirenti, portò il 5 dicembre 2010 al suo arresto con modalità clamorose, mentr’era in navigazione su un traghetto che da Genova lo stava portando a Tangeri.

 

Scarcerato Fikri (in avanti definitivamente prosciolto), il corpo senza vita di Yara Gambirasio fu poi scoperto casualmente nel pomeriggio del 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola da un aeromodellista. Gli esami rivelarono che la ragazza era stata colpita alla testa e ferita con un’arma da taglio subito dopo la sparizione, ma era morta a distanza di ore.

La determinazione del magistrato inquirente, Letizia Ruggeri, poi ingiustamente oggetto di critiche e attacchi anche sconsiderati, ha permesso di avviare l’indagine più complessa e difficile mai svolta nella storia criminale italiana: una ricerca puntigliosa su utenze telefoniche e soprattutto sulle tracce di dna rilevate sugli slip della vittima, attribuite a un soggetto da identificare e nominato provvisoriamente Ignoto 1. Chi era costui?

Solo nel 2014 si riesce a dare un nome al presunto assassino: è il muratore Massimo Bossetti, che viene arrestato il 16 giugno mentre lavora nel piccolo cantiere di una casa in costruzione. Suo, secondo l’accusa, è il dna, ma dal primo minuto l’indagato si protesta innocente e continuerà poi a respingere punto per punto tutte le accuse.

La difesa solleva numerose questioni, in principal modo sulle modalità di acquisizione e di valutazione delle tracce di dna, che presenterebbero parecchi “elementi critici”. Tutte le richieste vengono però respinte, Bossetti rimane detenuto e l’1 luglio 2016 la Corte d’Assise di Bergamo lo candanna all’ergastolo; pena quindi confermata il 17 luglio 2017 dalla Corte d’Assise d’appello di Brescia.

Con la conferma di oggi della Cassazione è stata fatta giustizia di un delitto orrendo, commesso in modo brutale, da ergastolo.