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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

CassazioneSarà pietra tombale sull'ergastolo a Massimo Bossetti per l'uccisione di Yara Gambirasio o ad otto anni dal delitto avremo dei colpi di scena? Il 12 ottobre la Cassazione deciderà sul ricorso dell'unico imputato, le cui speranze sono aggrappate all'ipotesi che possa essere accolta la sua richiesta di ripetere gli accertamenti sul dna, a lui attribuito, che fu rinvenuto sugli slip della ragazza assassinata.

Bossetti, arrestato nel 2014 al culmine di una indagine difficilissima, si protesta innocente. Oltre alle tracce del dna, ci sono a suo carico vari indizi, che la difesa ha cercato inutilmente di smontare: nel 2016, infatti, la Corte d'Assise di Bergamo ha emesso la sentenza di condanna all'ergastolo, confermata l'anno scorso in appello a Brescia. 

La procedura prevede che la Cassazione può dichiarare il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, oppure accoglierlo e annullare o modificare la sentenza di condanna in modo definitivo, oppure ordinare un terzo processo. Alla vigilia dell'udienza si sono riaccese sui social le polemiche fra innocentisti e colpevolisti, molti dei quali si son dato appuntamento per giorno 12 davanti al Palazzo di Giustizia di Roma.

Il caso è uno dei più dibattuti degli ultimi decenni. Su di esso sono stati scritti da giornalisti alcuni libri, due pubblicati nella collana "Il Delitto" della nostra rivista: "Yara, orrori e depistaggi" di Salvo Bella, uscito nel 2014 prima dell'arresto di Bossetti; e "Social Crime - Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook" di Tommaso Accomanno, uscito quest'anno.

Il caso giudiziario visto da due scrittori

Inutili le difese in tv e per strada

di Salvo Bella

La vicenda di Massimo Bossetti è dal punto di vista giudiziario estremamente ordinaria: non è la prima volta, infatti, che un imputato venga riconosciuto colpevole in base a una somma di indizi e condannato all'ergastolo.

Sono stato il primo, e forse l'unico, a sostenere che le iniziali indagini subito dopo la sparizione misteriosa di Yara Gambirasio furono assai criticabili, nonostante la direzione impeccabile della pm Letizia Ruggeri. A lei si deve il buon esito, quand'era ormai insperato, di una caccia all'uomo senza precedenti nella storia della criminalità in Italia.

Al di là degli aspetti giuridici, l'anomalia, rilevata anche dalla Corte d'Assise d'appello di Brescia, attiene invece all'eccessiva esposizione alle tv, dove a quella giudiziaria si è sovrapposta una difesa priva di alcun beneficio per le sorti dell'imputato.

Vero è che in passato non esisteva Facebook, ma il proliferare di gruppi innocentisti o colpevolisti sui social ha alimentato polemiche molto aspre nelle quali sono emersi anche improvvisati investigatori o scienziati, contrapposti come nemici da abbattere attraverso variegati "sopralluoghi" alla Sherlock Holmes oppure "perizie" su mitocondriale e compagnia bella.

Che dire persino di una "marcia dei cento passi" davanti a una stazione ferroviaria per proclamare l'innocenza di un imputato?

I processi di primo e secondo grado sono stati celebrati con il confronto più ampio fra accusa e difesa su tutti gli elementi, che fossero discutibili oppure no; e le schermaglie ijn aula hanno permesso a due Corti di attentamente esaminare contestazioni ed eccezioni, fino alla formazione del convincimento di colpevolezza.

Le motivazioni hanno dissipato ogni perplessità su fatti e su scelte procedurali, le quali tuttavia saranno a giorni rivalutate dalla Cassazione. Le difese in tv, per strada o via Facebook sono inutili e non scriveranno quest'altra sentenza.

Tra fronti contrapposti, qual è la verità?

di Tommaso Accomanno

Fino ad ora Bossetti, con le due condanne della Corte d’Assise di Bergamo (1 luglio 2016) e della Corte d’Appello di Brescia (17 luglio 2017) all’ergastolo, resta il presunto ed unico colpevole.

I suoi avvocati, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno presentato il 26 settembre i “motivi aggiunti” e, anche nella Capitale, porteranno avanti la loro arringa sostenendo l’innocenza del loro assistito: tuttora e dal giorno dell’arresto (16 giugno 2014) è caldeggiata dai suoi sostenitori e reputata infondata da coloro che lo ritengono colpevole.

La diatriba, come ho provato ad analizzare nel mio libro “Social Crime. Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook”, pubblicato nel giugno del 2018, è sfociata appunto nel social network.

Nella mia analisi, asettica e priva di qualsiasi intenzione di emissione di giudizio, ho fotografato ciò che nei gruppi e nelle pagine dedicate a vittima e presunto assassino è emerso in relazione al caso e agli sviluppi in aula.

Il mio libro, nato dalla tesi di laurea magistrale che si incentrava solamente sulla presunta innocenza evincibile da determinati gruppi Facebook, è stato arricchito con sfaccettature e curiosità propugnate sul social dopo la condanna in secondo grado e lì si è fermato.

Ora, anche il mio testo, in caso di assoluzione il 12 ottobre, potrebbe essere stravolto e quanto contenuto all’interno rivisitato perché facente parte di un passato errato o comunque discutibile e aprirebbe nuovi scenari.

In caso di ennesima condanna, con il giudizio che diventerebbe definitivo, il materiale raccolto nel libro potrebbe solo avvalorare quanto sostenuto dai colpevolisti e abissare quanto creduto dagli innocentisti.

Il processo e quindi il caso, oserei dire finalmente, volge al termine. Finalmente perché, dal mio modesto parere, si porrebbe un punto, a prescindere dall’esito, che potrebbe essere inteso come “punto e a capo”, in caso di assoluzione, e “punto e virgola”, in caso di condanna.

Se Bossetti, anche in Cassazione, venisse condannato Yara potrebbe riposare in pace perché, senza se o senza ma, sarebbe acclarato il nome e cognome del suo assassino e non del presunto,perché, intendiamoci, il vero assassino fino all’emissione della sentenza potrebbe essere chiunque.

Se Bossetti venisse assolto si aprirebbero nuovi scenari e nuove ipotesi che darebbero la possibilità di una “nuova vita” a Bossetti.

Ciò che spero è che questo caso, procrastinato fin troppo a lungo, si chiuda riconoscendo che la prima e unica reale vittima al momento è stata una bambina di 13 anni, strappata alla vita troppo presto.

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