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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

confisca giocattoliUn giudice di Monza ha ordinato la confisca e distruzione di due pistole ad aria compressa scambiandole per armi. Il provvedimento è l’appendice di una tormentata vicenda giudiziaria che ha per protagonista Donato Pistillo, 42 anni, il quale si batte da un lustro per avere riconosciuta l’innocenza in un processo per sfruttamento della prostituzione.

Le due pistole ad aria compressa furono sequestrate, insieme con un pc e varie sim telefoniche, dai carabinieri di Besana in Brianza il 18 marzo 2012 a seguito della denuncia presentata da due sorellastre rumene che asserivano di essere state costrette a prostituirsi sotto la minaccia di armi. Dal verbale dell’epoca risulta chiaramente che si trattava di giocattoli, ognuno “simile per dimensione e peso ad arma vera”, ma non capaci di offendere.

La prima sentenza nel processo, né quelle dei successivi gradi di giudizio, non dispose alcunché sulla destinazione di tutti i reperti, che in pratica costituivano probabili corpi di reato ma non influirono in alcun modo sulla decisione.

A distanza di parecchi anni, Donato Pistillo ha avuto ora restituiti il pc e le sim ma non anche le due pistole giocattolo. “È davvero assurdo” dice e si è rivolto all’avv. Claudio Salvagni per essere assistito. Dove finiranno questi giocattoli? Confiscati e distrutti. L’ha deciso a Monza il giudice per le indagini preliminari Cristina Di Censo con un provvedimento contraddittorio, per due ragioni: innanzitutto definisce armi i giocattoli; e inoltre procede in base all’art. 240 del codice penale commi 2 e 4, che non esiste. Il comma 2 dell’art. 240 fa riferimento alla confisca obbligatoria “delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna”; ma la particolarità di questo caso è che detenere quel tipo di similarmi non costituisce reato. Il provvedimento dallo strano contenuto appare frettoloso sin dalla forma scritta a mano e prima di alcun riferimento ai procedimenti ai quali dovrebbe essere connesso.

Al momento dell’acquisto, l’armeria di Milano aveva dichiarato nel 2006 che si trattava di oggetti di libera vendita in quanto di potenza inferiore a 7,5 joule.