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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

bossetti gambirasio

La questione controversa del Dna nel processo per l’uccisione di Yara Gambirasio sarà al centro della battaglia sferrata per l’appello dalla difesa di Massimo Giuseppe Bossetti, condannato in primo grado all’ergastolo. Nucleare e mitocondriale: queste due parole terribili possono nascondere la verità su un atroce delitto e hanno messo in crisi al dibattimento anche i Ris di Parma. Sono però proprio i carabinieri ad avere invece un preciso protocollo: non può esserci Dna senza mitocondriale.

Sui social trovano ampia diffusione commenti di persone che in pieno stile peritus peritorum danno spiegazioni che nemmeno in aula, dopo aver udito i moderni luminari della scienza e biologia forense, nessuno ha saputo fornire.  La questione deriva, com’è noto, dal fatto che le tracce di Dna rilevate sul corpo di Yara assassinata hanno condotto a Bossetti per la cosiddetta parte nucleare, mentre conducono a una persona diversa per la parte mitocondriale. Si tratta di una certezza confermata proprio, come consulente del pubblico ministero, dal colonello Giampietro Lago: “Quella traccia, quella componente non solo non appartiene all’imputato, ma appartiene a una persona diversa”.

L’avvocato Paolo Camporini (che difende Bossetti insieme con l’avv. Claudio Salvagni) ha chiesto all’ufficiale se la questione sopra descritta susciti in qualche modo dubbi, sia trascurabile o ancora sia un importante campanello di allarme. Il colonnello Lago ha risposto “Merita una spiegazione”.

Sono perciò gli stessi consulenti del pubblico ministero ad ammettere che una spiegazione deve essere data, ma dimenticano di darla: non per imperizia o negligenza,  ma semplicemente perché la scienza stessa, quale supporto ormai fondamentale in ambito forense e processuale, non sa dare alcuna spiegazione a questa anomalia.

Parlando di Dna è stato più volte sottolineato, sulla scia delle pronunce della Cassazione, che questo vanta la qualità di prova e non di mero indizio. Ma le affermazioni generali della giurisprudenza non possono essere strumentalizzate per giustificare le numerose aporie emerse in questo procedimento in merito al Dna mitocondriale. Lo stesso col. Lago ha detto che “il Dna mitocondriale non rientra nelle procedure validate per gli utilizzi forensi. Quindi noi, il Ris no, e per quanto risulta nessuno degli altri laboratori istituzionali, per lo meno, ha delle procedure validate. Quindi il Dna mitocondriale mantiene un carattere sostanzialmente sperimentale. Se tu tecnico forense vuoi fare questa analisi, devi avere... diciamo sono delle linee guida”. Mancherebbero, insomma, i “protocolli”.

Ma semplicemente navigando su internet e digitando le parole chiave “Dna mitocondriale” abbinate ad altre parole come per esempio “carabinieri” troviamo un fascicolo della Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, fruibile a tutti, nella quale si legge:

CC dna

C’è il chiaro riferimento a “moderne metodiche di genetica forense… tramite l’analisi del Dna nucleare… o del Dna mitocondriale”.

Questo straniero, questo Dna non studiato e sconosciuto viene invece citato dagli stessi carabinieri in una loro rassegna come elemento di analisi per la tipizzazione genetica di una traccia!

Monika D'Alessio

Monika D'Alessio, 24 anni, studia Giurisprudenza all'Università dell'Insubria di Como. Appassionata di criminologia, inizia la collaborazione con "Il delitto".

La cosa alquanto curiosa è che lo stesso col. Lago, quasi sminuendo il prestigio dei Ris e degli scienziati italiani più in generale, afferma in una delle sue lunghissime deposizioni, ineccepibili dal punto di vista tecnico-scientifico, che i Ris non “fanno” il Dna mitocondriale.

Ma non è l’unico consulente ad allontanare da sé questo “monstrum”. Altri consulenti dicono addirittura di non conoscere il Dna mitocondriale. Ma ancora una volta navigando sul web troviamo tra le prove scritte per diventare tecnici nei carabinieri domande inerenti il Dna mitocondriale.

Navigando ancora sul web e curiosando sulle novità in ambito scientifico-processuale possiamo essere attratti dalla nuova legge di istituzione della banca dati nazionale del Dna (legge 85/2009), che all’articolo 22, 3 recita: “Le tipologie di marcatori che possono essere utilizzate nella tipizzazione del profilo del Dna per essere inseriti nella Banca dati sono STR, Y-STR, X-STR e mtDNA secondo una codifica tecnica stabilita dal responsabile della Banca dati in conformità alle decisioni del Consiglio dell’Unione europea n. 2008/615/GAI e n. 2008/616/GAI e successive modificazioni, nonché per finalità di collaborazione internazionale di polizia ai sensi dell’articolo 12 della legge”.

Ogni ricerca sul Dna mitocondriale riconduce sempre, dunque, a canali istituzionali, come siti dei Carabinieri o del Parlamento, in cui sembra sia tutto fuorché un monstrum sconosciuto e non studiato o applicato in ambito forense.

Chi e che cosa si vuole dunque nascondere nel caso Gambirasio?

Chi e che cosa si vuole dunque nascondere nel caso Gambirasio, perché si vuole a tutti i costi far finta che questo MtDNA sia non meritevole di approfondimenti, perché si tenta in ogni modo di sminuirne la portata, quando lo stesso Ris ha affermato che la questione “merita una spiegazione”?

Nessuno ha spiegato come mai quel Dna se comparato con quello dell’imputato ci restituisce una compatibilità sotto il profilo nucleare ma non sotto quello mitocondriale, che identifica un’altra persona. Se è vero che  il Dna è prova inconfutabile deve però essere un Dna costituito dai suoi elementi fondamentali: un mitocondriale e un nucleare .

Il giudice, com’è noto, quando deve motivare una sentenza deve fare affidamento, nella valutazione degli elementi probatori, alle massime d'esperienza ma anche alle leggi scientifiche e alla logica: il convincimento del giudice deve consistere in una valutazione razionale delle prove e in una ricostruzione del fatto conforme ai canoni della stessa. La logica assume perciò un ruolo di rilievo nella valutazione del  materiale probatorio: per valutare con questa tutti gli elementi probanti (in tal caso si parla solo del Dna) è però necessario che anche i singoli elementi, se messi alla prova, rispondano ai principi base e generali della logica. Detto grezzamente, è necessario che anche la prova del Dna sia logica: se è vero che la traccia 31G20, per essere attribuita all'imputato, Massimo Giuseppe Bossetti, deve corrispondere o meglio essere identica al Dna di MGB, bisogna necessariamente sottoporre alla prova del nove le due tracce, cioè è necessario che vengano sottoposte ai principi basilari della logica matematica.

Secondo il principio di identità A=B quando A e B hanno le stesse proprietà (A e B devono essere lo stesso oggetto; in questo caso, il Dna della traccia 31G20 deve essere Il Dna di Massimo Giuseppe Bossetti). Quindi se A ha un Dna nucleare e mitocondriale uguale a se stesso, B deve necessariamente possedere le stesse proprietà di A per essere identico ad A, cioè  deve possedere lo stesso identico Dna nucleare e mitocondriale di A; in sintesi  A deve essere completamente sostituibile a B (in questo caso così non è): questa è solo pura e banale logica.

Merita attenzione una domanda posta in aula dall’avv. Camporini: Nella specie umana esiste un caso in cui il nucleo, e quindi il suo Dna, e il mitocondrio e il suo Dna, ovviamente in persona in vita, o senza alterazioni, possano essere separati, cioè trovare uno e non trovare l’altro? Una cellula ha per forza entrambi, o ci sono cellule che...?”. La risposta del col. Lago è stata questa: ”Una cellula non può avere uno o l’altro”.

Un Dna, dunque, non può avere solo una della sua due componenti, deve necessariamente essere costituito dalla sua parte nucleare e da quella mitocondriale. Non c’è nessun dato da interpretare o congetture da fare: è la scienza, è uno dei principi basilari di biologia che tutti i consulenti hanno sicuramente studiato per aver conseguito i titoli che vantano.

Nel processo a Massimo Bossetti sono stati dunque bypassati i più basilari principi della logica, della scienza, della biologia e della ragionevolezza.