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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Salvo BellaNel 2014 poco ci mancava che l’assassino di Yara Gambirasio (sparita il 26 novembre 2010, morta non si sa dove e poi trovata cadavere a Chignolo d'Isola) fossi io, per il semplice fatto di avere scritto sull’orrendo delitto il libro “Yara, orrori e depistaggi” (Gruppo Edicom), che mi ha procurato oscure minacce e un accanimento da parte di apparati dello Stato. Mi hanno tenuto col fiato sospeso oscure indagini del Commissariato di Polizia di Legnano che avevano preso una brutta china e chissà a quali mostruosità avrebbero potuto portare. Ma la Corte d’Assise di Bergamo ha sentenziato quest’anno che a uccidere Yara è stato il muratore Massimo Giuseppe Bossetti e l’ha condannato all’ergastolo.

Il libro, uscito nel mese di febbraio 2014, è una analisi delle modalità di svolgimento delle indagini nella prima fase, quella immediatamente successiva alla sparizione misteriosa di Yara nell’ora in cui stava per allontanarsi, a Brembate di Sopra, dal centro sportivo nel quale s’era intrattenuta. La puntuale cronistoria di un delitto e dell’attività degli inquirenti rientra nei compiti, e  pure nei doveri, dei giornalisti; né poteva essere ignorata da un professionista come me ultradecano della “nera”, che mi sono occupato di svariate migliaia di delitti, molti di mafia, con i criteri che si usavano una volta, cioè radiografando gli elementi per farli emergere in tutta la loro crudezza e soprattutto senza paraocchi, autocensure o genuflessioni a potenti.

Nemmeno i capimafia mi avevano diffamato

Sono diritti e doveri che in terra insanguinata come la Sicilia mi riconobbero anche i capimafia, che pure avevano voluto più volte la mia testa; e almeno non mi diffamarono.

Ma nel caso di Yara la questione è stata diversa; e le cose sono andate in un modo che io, vecchio cronista, non avrei potuto immaginare.

 

Non avevo offeso il Corano e non avevo da temere vendette di qualche musulmano estremista. Avevo solo criticato apparati dello Stato. Avevo puntato il dito su un deleterio clima di fondo che si respirava, con la forte tendenza ad allontanare i giornalisti (il sindaco di Brembate di Sopra emise in tal senso anche un’ordinanza) e incolpare dell’uccisione di Yara qualche extracomunitario: perché in terra lombarda tutti i cittadini erano pacifici, nessuno commetteva omicidi, non c’era mafia e via dicendo; ricordate che cosa ci siam sentiti ripetere? Parliamo di Bergamo, nella cui provincia è stata uccisa Yara e dove a mia totale insaputa ho potuto rischiare non so che cosa; non perché fossi entrato per alcuna ragione nelle indagini, ma perché mi ci aveva immischiato proprio il mio libro.

Nel libro, infatti, criticavo magistrati fotografati a gozzovigliare con mafiosi e sollevavo inquietanti interrogativi sulle modalità di direzione delle indagini di polizia giudiziaria da parte del questore Vincenzo Ricciardi, perché per tre mesi aveva ripetuto innumerevoli volte davanti alle telecamere che avrebbe riportato Yara viva a casa. Le motivazioni della sentenza di primo grado hanno confermato il fatto da me allora ricostruito, quando ancora non si sapeva di Massimo Bossetti: per mesi fu seguita la pista del sequestro di persona. Il funzionario era noto, riassumevo nel libro, perché aveva indagato, per la Squadra Mobile di Palermo, sull’uccisione del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta; e s’era trovato invischiato (poi prosciolto da qualsiasi accusa) nel pateracchio imbastito facendo accollare la responsabilità della strage a ergastolani del tutto estranei.

Percosse di Stato e montature per fermare Striscia

Le cronache di questi giorni hanno documentato l’aggressione subita ad Avellino dal giornalista Luca Abete di “Striscia la notizia”. A scagliarsi violentemente non sono stati malfattori abituali, ma hanno fatto quasi a gara agenti e funzionari di polizia determinati a impedire a tutti i costi di esercitare il mestiere di cronista e tenere lontano dall’incipriata ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, alla quale si tentava semplicemente di porre delle domande sgradite.

Il filmato diffuso dalla popolare trasmissione televisiva documenta la sfacciata arroganza del potere esercitata con grave abuso, oltre che commettendo numerosi reati, primo fra tutti quello derivante dalla privazione illegale della libertà di una persona. Il capoccia della vergognosa violenza è un vice questore aggiunto e si chiama Elio Iannuzzi. Esprimo la mia profonda solidarietà a Luca Abete e ad Antonio Ricci, autore di “Striscia la notizia”.

Questa vicenda, da voltastomaco, non rappresenta purtroppo un caso senza precedenti. Passando da Avellino a Bergamo, si ritorna al mio libro “Yara, orrori e depistaggi” sull’omicidio di Yara Gambirasio, appena diventato oggetto di un articolo di Fabio Frabetti sul settimanale “Cronaca Vera”, che sul numero in edicola il 18 ottobre presenta una mia intervista sotto l’eloquente titolo “Ho pestato i piedi di persone intoccabili!”.

Nel 2014, infatti, ricevevo per il libro, appena uscito, minacce di vario genere; e un funzionario di polizia lavorava frattanto da pubblico ufficiale attribuendomi, in atti riservati riguardanti la tutela della mia sicurezza personale, fatti gravi inerenti l’assassinio di Yara e la ricerca dei suoi carnefici. Il funzionario che ha scritto carte false è, come Elio Iannuzzi, un altro vice questore aggiunto: si chiama Francesco Anelli e dirige ancora il Commissariato della Polizia di Stato a Legnano. Scriveva falsamente che m’ero appropriati ventimila euro destinati al caso Yara; affermava che avere ricevuto un proiettile e altre minacce non costituiva per me alcun pericolo; sosteneva l’inesistenza di tracce di pregressi danneggiamenti gravi, dei subiti rapimento e uccisione di un cane, di minacce ricevute da me e dai miei familiari, di vigilanze permanenti delle forze dell’ordine per la mia incolumità, di mia attività di consulente della Commissione parlamentare antimafia, di una interrogazione parlamentare sulle minacce subite a opera della mafia. Chi o che cosa aveva mosso il dott. Anelli ad affermare il falso?

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